Il mercato del gioiello non è stato colpito dalla crisi generata dalla pandemia. Nonostante le difficoltà, infatti, la qualità e l’esperienza hanno premiato il mondo dell’oreficeria di alta gamma. È il caso di Fope, storico marchio del gioiello italiano, “guardiamo agli Stati Uniti con grande interesse – commenta Diego Nardin, amministratore delegato della società -. Per la ripartenza puntiamo a far dialogare vecchie e nuove modalità di lavoro per scrivere il nostro new normal”.

Qual è stato l’impatto della pandemia sul mondo del gioiello?

Nel 2020, nonostante il diffondersi della pandemia, non si è manifestata una crisi di vendite del gioiello. Quando i negozi sono stati aperti, infatti, le persone hanno fatto acquisti, un aspetto positivo non solo per Fope ma per tutto il settore. Certo, i volumi sono stati inferiori ma la propensione al consumo non è venuta meno.

Per Fope, invece, i dati 2020 sono stati confortanti, anche guardando ai risultati raggiunti presso i nostri concessionari. Siamo presenti in circa 700 negozi nel mondo e tutti hanno confermato l’importanza del nostro brand per le proprie attività, confermando gli acquisti. Gli unici risultati negativi sono quelli registrati in città o aree del mondo prettamente turistiche, come i Caraibi o le città d’arte, a partire da Firenze e Venezia. Qui i negozi non sono proprio stati aperti.

Il 2021 si caratterizza per mercati aperti e concessionari che confermano gli acquisti, in linea con le previsioni e il budget. A oggi, ci sono mercati che lavorano meglio e altri meno. Gli USA, in particolare, stanno andando molto bene, siamo presenti con una nostra filiale perché si tratta di un mercato dove bisogna poter contare sulla fisicità, soprattutto oggi, con le difficoltà legate agli spostamenti. Negli USA abbiamo aperto più di 10 negozi nuovi da inizio anno.

Il Regno Unito, invece, è ancora un mercato tiepido, siamo in attesa di una vera e propria ripartenza legata alla riapertura stabile delle attività.

Quali le previsioni per il mercato del gioiello?

Siamo in attesa della ripartenza. Ci siamo organizzati per mantenere i rapporti con i clienti in modo virtuale, con un vero e proprio set dedicato: regia e tecnici per la presentazione delle collezioni. L’idea era quella di condividere le nostre attività con la clientela, far capire che eravamo operativi, attivi. Ma non vediamo l’ora di rivederci, di partecipare alle fiere internazionali, di ospitare i nostri concessionari presso la sede di Vicenza, consentire loro di toccare con mano come si fa la produzione, di vivere il clima aziendale.

Come sarà il new normal di Fope?

Sarà caratterizzato da un mix di vecchie e nuove modalità di lavoro. Abbiamo imparato in tempi record a utilizzare nuovi strumenti e nuovi linguaggi, questo resterà ma inizierà a dialogare con le modalità tradizionali.

Anche l’e-commerce ha avuto uno sviluppo importante, ho sempre ritenuto il gioiello un prodotto da poter vendere online. Oggi, dopo la pandemia, le vendite online sono aumentate, anche se non rappresentano ancora un pilastro per le nostre attività, ma è un inizio. La pandemia ha di certo accorciato i tempi per l’adozione di nuove tecnologie, questo è quello che porteremo con noi nei prossimi anni.

Com’è cambiata la geografia del gioiello con il Covid-19?

La strategia che abbiamo scelto di portare avanti, focalizzandoci sui mercati di maggiore soddisfazione, si è dimostrata vincente. La pandemia non cambia la mappa geografica dei nostri interessi. Abbiamo, però, inserito il Giappone tra i Paesi target.